lunedì 23 giugno 2014

LIVE REPORT: PEARL JAM Live @ San Siro


Una buona compagnia, uno stadio pieno di gente, un gruppo leggendario e un po' di buon vino italiano rendono un concerto una vera esperienza.
Come avrete capito oggi vi racconterò quello che è stato il concerto, tenutosi a San Siro, della mitica band di Seattle, che giusto per essere chiari non hanno perso una briciola del loro spirito ed entusiasmo in questi 22 anni di carriera, ma andiamo a vedere nel dettaglio cosa è successo.
Partiamo dal descrivere la location: San Siro è uno stadio meraviglioso, almeno all'interno, e vederlo riempirsi di persone a poco a poco durante tutto il pomeriggio è stata una vera emozione, come lo è stata uguale e ancora di più vedere tutto lo stadio pieno alle proprie spalle!
Se l'aspetto "scenografico" era particolare e suggestivo, una pecca risiedeva di certo nell'acustica che non era del tutto da buttare, ma presentava evidenti problemi di riverbero. Al contrario il lavoro al mixer e quello della band è stato da elogiare: in una lotta continua contro il suono che rendeva incomprensibile l'inizio delle canzoni, la band ha comunque lavorato egregiamente.


Per far capire ancora di più quanto Eddie e l'intera band ami il nostro paese e ci tengano alla nostra cultura nazionale, il cantante si è esibito in una versione acustica di Porch, con indosso una maglietta della nazionale italiana, prima della partita, augurando poi al pubblico e alla squadra buona fortuna.
Quando poi ha inizio il concerto ci si dimentica tutto: i problemi, la partita persa e semplicemente ci siamo fatti trasportare dalle meravigliose canzoni che la band ha proposto; con una scaletta apparentemente infinita, che parte piano per poi esplodere mano a mano. Il concerto è finito solo perché il tempo concesso alla band era finito, anzi se ci fosse stato il tempo sarebbe durato ancora svariati pezzi.
Il gruppo si è distinto per un'atmosfera particolarissima, come non ne ho mai viste ad un concerto e come non penso sia nemmeno facile ricreare con un pubblico così grande.
Gli vanno fatti i complimenti anche per la potenza dell'esibizione: con Vedder che canta benissimo e che trasmette in ogni singola nota ed espressione del viso un emozione diversa ma comunque fortissima a dimostrazione che i testi che scrive provengono da sue profonde riflessioni sul mondo; bravissimo anche il gruppo che era scatenato e che si muoveva tantissimo: si vede che i ragazzi grunge di Seattle non hanno perso nemmeno un po' il loro spirito ribelle ed innovativo.
Un plauso va fatto poi a Mike Mccready che ha dato il meglio di sé negli assoli, molti dei quali improvvisati, ma che lasciavano a bocca aperta, nonché contentissimi, tutti i presenti.
Il momento migliore della serata a mio avviso è stato quando la band si è esibita in Corduroy: in quel momento particolare ho sentito tutto lo stadio tremare, come se le persone che saltavano, cantavano ed ammiravano il gruppo stessero poco a poco spostando lo stadio stesso.


Ma una cosa fantastica è stata la sessione acustica: dati i problemi di suono riscontrati, la band ha cercato di rimediare esibendosi in alcuni pezzi acustici, tra cui anche le canzoni di Into the Wild, che però hanno lasciati insoddisfatta la band, che finiti i pezzi acustici hanno sparato canzoni potentissime come Lukin fregandosene del suono e cercando di dare il meglio in ogni caso (anche se poi quei problemi di riverbero gli hanno fatto sbagliare l'inizio di Spin the Black Cirlcle, che poi loro con una maestria esagerata hanno rimesso a posto alla velocità della luce).
Non poteva mancare ovviamente il momento in cui Eddie cercava, con pochi risultati, di parlare in Italiano, ma l'abbiamo apprezzato comunque molto. E a sorpresa durante un pezzo il cantante ci ha infilato anche un ritornello dell'ormai famosissima Let It Go dal film Disney, Frozen.
Vorrei che si notasse anche l'egregio lavoro delle riprese su palco e fuori, perché giustamente per molte persone del pubblico che, come me erano sul prato, vedere la band bene era impossibile e anche nei momenti in cui vedevamo comunque li si vedeva in lontananza, e devo dire che le riprese hanno svolto una parte essenziale del godimento che ho tratto dal concerto perché erano veramente professionali al massimo, con momenti concitati sottolineati da riprese veloci di ogni membro e canzoni più lente invece focalizzate sui singoli strumenti, dando ad ognuno il proprio spazio.


Il mio consiglio è che la prossima volta, a qualsiasi costo ognuno di voi deve andare a questo concerto, perché difficilmente rifarete un'esperienza uguale con un'altra band. Certo forse il biglietto non era a buon mercato e il sold out immediato ha reso difficile accaparrarsi un biglietto, ma dovete almeno provare!!
Unica pecca, che però è data tutta dalla mia ignoranza, è stato il fatto che una buona parte dei pezzi proposti non li conoscevo a fondo, certo conoscevo le vecchie canzoni del periodo grunge, quindi di Ten, Versus e Vitalogy e anche quelle nuovissime (che invece molti nel pubblico sembravano non conoscere) degli ultimi due album BackSpacer e Lightining Bolt, ma mi erano sconosciute molte delle canzoni tra questi due estremi e la cosa mi è dispiaciuta non poco, perché ho apprezzato veramente tantissimo il concerto e lo avrei amato se solo avessi conosciuto meglio alcuni pezzi.


P.S. Guardando le persone attorno a me vedevo che il pubblico andava dai 30 anni in su, per la maggiorparte, con pochissimi miei coetanei, simbolo che i Pearl Jam sono la band che meglio rappresenta tutte quelle persone che erano adolescenti nei primi anni novanta, la stessa generazione di persone che con la morte di Kurt Cobain ha perso una parte importantissima della propria cultura musicale.
Io penso che il concerto sia dedicato più a loro che a tutti gli altri presenti nel pubblico, che loro sono i migliori fan della band e quelli che più sentono le canzoni come una parte di loro rispetto a tutti gli altri.

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